Lo scorso giugno, con l’intento di semplificare e velocizzare la normativa degli appalti pubblici, è stato convertito in legge il cosiddetto “decreto sblocca cantieri”, secondo la moda degli ultimi anni di affibbiare nomi ad effetto alle leggi manco fossero le armi di Goldrake.
Il fatto che sia stato prontamente ribattezzato “sblocca tangenti” da personaggi tendenziosi e di sicura malafede (quando mai le tangenti si sono bloccate…) dà tuttavia l’impressione di un provvedimento che, con la scusa della semplificazione, potrebbe avere come effetti collaterali l’aumento di corruzione e infiltrazioni mafiose nei lavori pubblici (o forse l’unico effetto collaterale era la semplificazione).
“Stiamo costruendo un’autostrada all’illegalità”, ha commentato non a caso l’ormai ex Presidente dell’Autorità Anticorruzione Raffaele Cantone, riferendosi probabilmente al primo dei cantieri sbloccati dal decreto.
Difatti, una cosa sarebbe riorganizzare la farraginosa burocrazia italiana, un’altra è considerare le regole e i controlli come un intralcio: ad esempio, le ultime norme alleggeriscono il subappalto, dove è potenzialmente più facile nascondere imprese colluse con la mafia, innalzano le soglie per gli affidamenti diretti, riprendono la figura dei Commissari straordinari per gli interventi ritenuti prioritari con poteri di deroga alla normativa vigente, e per queste cose la maggioranza in Parlamento si trova sempre.
Il vero sblocca cantieri, piuttosto che nella demolizione delle regole, sarebbe da ricercare nella costruzione di un apparato normativo più chiaro e coerente e nella crescita delle risorse umane che lo applicano in concreto.
Adesso però, a furia di simulare crisi di governo, una crisi gli è scappata sul serio, e nessuno, a parte Casaleggio e Paolo Fox, può sapere se al netto dei cambi di Governo si riuscirà prima o poi ad affrontare davvero queste ed altre questioni importanti per il Paese (possibilmente prima che inizi Sanremo!).