Un giorno probabilmente ricorderemo questi mesi di quarantena per il Coronavirus come quel periodo in cui un gran numero di patrioti ha sacrificato la propria vita per il bene della Nazione stando comodamente seduti in poltrona davanti alla TV.
Ma cosa succederà da ora in poi?
Questo racconto riguarda quelle che possono essere le nostre paure in merito, usando il linguaggio dell’ironia per affrontarle e per poter ripartire meglio. Perché è possibile essere ottimisti per il futuro se ognuno è conscio di dover fare la sua parte.
Nessuno avrebbe potuto immaginarlo: un virus che dai pipistrelli arriva all’uomo, si diffonde nel mondo a partire dalla Cina, ci costringe a seppellire i morti in fosse comuni e diventa materia di fake news. Nessuno, tranne un folto gruppo di scienziati e addirittura un film di fantascienza del lontano 2011 che a rivederlo oggi si confonderebbe con un qualsiasi telegiornale, più attendibile di una puntata di Forum direi; eppure il mondo ci è arrivato impreparato, evidentemente a chi ci governa piacciono di più i film di guerra.
E così oggi ci troviamo in questa nuova realtà, con un virus sconosciuto, contro cui per ora l’unica arma è un isolamento il cui termine sembra irraggiungibile, come una tartaruga rincorsa all’infinito da noi, poveri Achille, che non vediamo l’ora di uscire, di sgambettare nel parco anche se non abbiamo mai fatto jogging e di raggiungere la casa al mare senza nasconderci nel portabagagli.
Guardo spesso fuori dalla mia finestra: c’è silenzio, le attività non di prima necessità sono chiuse e ci sono file fuori dalle farmacie e dai negozi di articoli per la casa, soprattutto per fare scorte di carta igienica. Se un alieno atterrasse nel mio quartiere oggi, sicuramente penserebbe più ad un’epidemia di dissenteria che ad altro.
Ci troviamo in una situazione complessa, nella quale la paura per la propria salute si mescola alla paura per le proprie finanze – se non sei un produttore di mascherine – che a sua volta si somma alla paura degli altri esseri umani: se esci e ti trovi davanti un’altra persona ormai neanche ti importa più chi è, se ti tende la mano o se ti punta una pistola, lo vedi solo come un probabile traghettatore del temuto virus, e nel migliore dei casi come un coacervo ambulante di 10000 miliardi di batteri e altri microrganismi, di cui alcuni potenzialmente letali che tra tante persone attaccheranno proprio te.
Pensandoci, però, ho notato che tutta questa tragica vicenda ha dei risvolti inattesi: sta portando a miglioramenti dal punto di vista dell’ambiente e dell’inquinamento (dando un suggerimento non richiesto al pianeta Terra), ha fatto emergere il lato solidale di tutti noi (per esempio, nei confronti di chi non ha animali domestici da portare a passeggio), ma ci ha anche fatto capire quanto abbiamo bisogno di relazioni sociali e non solo social, ha portato l’utilizzo della tecnologia dove non lo immaginavamo (lavorare sdraiati sul divano, questa è civiltà…) e ci ha insegnato l’importanza di compiere più volte al giorno quella operazione, già ben conosciuta dai politici, nota come “lavarsi le mani”.
Insomma, potrei quasi dire che questo virus mi ha fatto riscoprire positivo, in questo caso positivo asintomatico, però una preoccupazione ce l’ho: come saremo dopo il Coronavirus? Chissà se continueremo a lavarci le mani quando tutto sarà finito, e se smetteremo di lavarcene le mani, se ci ricorderemo di darci un’occhiata allo specchio prima di uscire di casa in pigiama, se riusciremo a sopportare quel collega di lavoro che non eravamo più abituati ad avere nelle orecchie; chissà se il nostro sistema economico continuerà ad essere nemico dell’uomo, se l’uomo continuerà ad essere nemico degli altri uomini e se gli uomini tutti insieme continueranno ad essere nemici della natura.
Miglioreremo o no dopo il Coronavirus? Sarò positivo: essere peggiori è davvero difficile.
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